Modena (Zona AGESCI)

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Zona AGESCI
Modena
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Zona Attiva

Localizzazione
Regione Emilia Romagna
Comuni Modena
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La Zona AGESCI di Modena compende 24 gruppi "Ufficiali" oltre a diversi gruppi "in sviluppo", ma già funzionanti con alcune unità.
La zona si divide in due aree:

  • Nord-Ovest
  • Sud-Est

Gruppi

Storia dello scoutismo a Modena

La nascita e il periodo fascista

Era il 1907, e Robert Baden Powell, un ufficiale dell’esercito di Sua Maestà, tenne il fondò lo scoutismo con un primo campo estivo nell’isola di Browsea. L’esperienza invase la Gran Bretagna ed il mondo intero, da quella prima ventina di ragazzi inglesi ai 24 milioni scout sparsi in 120 paesi di oggi.
Nel 1917 venne fondato lo scoutismo cattolico nella vicina Bologna: i tempi erano quindi maturi anche per Modena e la sua provincia.
Siamo nel 1922.
Il 4 luglio viene aperto il primo gruppo scout della provincia, a San Felice sul Panaro. A Modena bisogna attendere il 10 settembre, quando i primi 19 ragazzi fanno la loro Promessa nella chiesa di San Cataldo, mettendo finalmente al collo il primo fazzolettone, chiaramente giallo-blu. A ricordo dell’avvenimento venne dipinto alla base del campanile un grande giglio bianco, simbolo dell’A.S.C.I. (Associazione Scoutistica Cattolica Italiana), che tutt’oggi si vede. Le uniformi erano cucite in casa, le tende erano costruite con quattro teli ed un bastone e c’era un sacco che si riempiva di paglia da usare come materasso.
La crescita fu rapida. Già entro la fine dello stesso anno avevano aperto in città altri due gruppi, il Modena 2 in Duomo e il Modena 3 a Sant’Agnese. Nell’anno successivo fu la volta di San Faustino e Santa Caterina (all’epoca parrocchie di campagna), ma anche di Camposanto e Pavullo. E nei quattro anni seguenti arrivarono anche Mirandola, il Modena 6 a San Domenico, Carpi e Sassuolo.
Per il Giubileo del ’25 venne organizzato un pellegrinaggio internazionale dello scoutismo cattolico a Roma. Vi parteciparono anche gli scout modenesi, che incontrarono anche Papa Pio XI e Baden Powell. Nello stesso anno il Governo fa saper di non gradire l’Associazione, in quanto alternativa all’Opera Nazionale Balilla, e ordina la chiusura dei gruppi nei Comuni con meno di 20mila abitanti: chiudono così cinque gruppi della provincia e tre della città.
Nella primavera del ’28 il regime scioglie l’A.S.C.I. venne incendiata la sede di San Cataldo come pure vennero devastate quelle degli altri gruppi. L’1 aprile vi fu lo scioglimento coatto, e Lupetti, Scout, Rover e Capi si ritrovarono nel cortile di San Biagio per l’ultimo Grande Cerchio e l’ultimo Bim bum – Krak! Si continuò per un certo tempo a svolgere le attività clandestinamente, si tennero tre campi estivi, ma poi arrivò la guerra, ed i ragazzi partirono tutti per il fronte. Alcuno non sono più tornati, altri soffrirono la prigionia, altri ancora parteciparono alla resistenza.

Dal dopo guerra alla nascita dell'AGESCI

Finita la guerra riaffiorarono in fretta i ricordi dello scoutismo degli anni 20. Ancora in piena occupazione alleata già si riorganizzavano le prime unità: gli animatori furono in primis i “ragazzi del ‘28” (qualcuno già brizzolato!), ma anche giovani provenienti dall’Azione Cattolica.
La rinascita avvenne ancora, come nel ’22, in un clima teso da guerra civile. Erano ancora presenti le truppe di occupazione alleate, e ogni notte si compivano vendette atroci per motivazioni ideologiche, ma anche personali. Forte era l’ostilità, determinata da motivazioni politiche, verso le organizzazioni cattoliche, inoltre i genitori mandavano poco volentieri i loro figli negli scout, stanchi di vederli in uniforme. Ciò nonostante fu rinfrescato con nuova vernice il grande giglio del campanile di San Cataldo, arrivò una consistente fornitura di tende in regalo dalla Brigata Polacca di Wilno (facente parte dell’8° armata Inglese), fra cui numerosi erano gli scout, e si ripartì.
Otto ragazzi parteciparono nell’agosto del ’47 al raduno mondiale scout, il Jamboree de la Paix, che si tenne in Francia. Nello stesso anno avevano aperto in città anche due gruppi dell’A.G.I., l’Associazione delle Guide Italiane, l’organizzazione scout femminile che era stata fondata nel ‘43. Due anni dopo fu la volta di un altro evento internazionale, il Rover Moot, in Norvegia, e nel ’51 un gruppo di scout partecipò ai soccorsi agli alluvionati del Polesine, portando a Rovigo un autocarro di materiali ed una forte somma di denaro. Venne inoltre aperto un Campo Scuola a livello regionale nei pressi di Roccamalatina.
Dal ’53 in poi iniziò una fase di anni difficili, i vecchi capi smettevano di prestare servizio, e sempre meno giovani ne prendevano il posto. Chiusero vari gruppi della provincia, e a Modena rimase un solo gruppo, diviso tra San Cataldo e San Domenico. Nel 1960, l’anno più buio, in città si contavano in tutto 19 ragazzi. Arrivò poi il periodo della contestazione giovanile. Molti giovani processavano la natura “borghese” dello scoutismo sostenendo che anche l’educazione era una fatto politico e sviluppando un duro confronto con i “matusa”; molte unità persero i loro capi e le attività furono sospese.
Nel 1972 l’ASCI e l’AGI no presero parte ufficiale al 50° dello scoutismo modenese giudicando queste manifestazioni “nostalgiche e affatto importanti” e disertarono l’inaugurazione di una via intitolata al “militarista” Baden Powell. Nel ’73 la situazione, grazie anche all’opera di Sergio Volpi, oggi Capogruppo del Maranello 1, e di don Dino Zanasi, attuale parroco di San Giovanni Battista, andò migliorando, e si riprese a fare scoutismo con rinnovata passione.
Dal Modena 1, che si era nel frattempo spostato a San Faustino, nacque il Modena 2, e contemporaneamente aprì il Modena 3 alla Sacca. Nel 1974 la fusione ASCI-AGI giungeva al suo definitivo compimento con la fondazione dell’AGESCI (Associazione Guide E Scouts Cattolici Italiani), non senza fratture e disaccordi interni, ma anche resistenze politiche ed ecclesiastiche. Ben presto però, abbandonata ogni polemica l’Associazione tornò a camminare compatta ed in rapido sviluppo.

La storia più recente

La storia più recente dello scoutismo Modenese, è forse meno emozionante ma non per questo meno degna di nota. Innanzitutto per il rapido sviluppo che il movimento ha avuto negli ultimi 30 anni. 36 gruppi sparsi sul territorio, tra Agesci e Cngei, per un totale di oltre 5000 iscritti, fanno dello scoutismo una delle realtà associative e di aggregazione giovanile più importanti del territorio. E considerando che entro pochi anni dovrebbero aprire altri sette gruppi, si può affermare che sia anche una realtà che gode di buona salute.
Nel 1985 fu decisa la divisione della Zona di Modena. All’epoca in provincia erano presenti 22 gruppi scout, di cui 10 nel territorio della Diocesi di Carpi. Ciò imponeva un doppio regime di marcia per quanto riguardava i programmi pastorali. In più si ritenne che una Zona di 22 gruppi, con molte realtà in fieri fosse troppo grande e farraginosa da gestire. Nacque così la Zona di Carpi, e la storia dette ragione a chi caldeggiò questa soluzione, in quanto con questo nuovo assetto fu veramente possibile per le due Zone portare avanti un discorso organico a livello diocesano, e soprattutto aumentare di molto il numero dei gruppi esistenti: più 50% in 17 anni, e per gli anni a venire si vedrà.
Inoltre nel 1992, la Zona di Modena perse un tassello grosso ed importante: si decise infatti di spostare i tre gruppi di Sassuolo sotto la Zona di Reggio Emilia. Questo per diversi motivi, in primis il fatto che Sassuolo appartenga alla Diocesi di Reggio, ma anche per rivitalizzare con forze fresche la Zona di Reggio Emilia, da sempre un po’ più sofferente.
E qui finisce la Storia, ma cominciano le sfide per gli anni a venire, perché nella nostra realtà di benessere comunque lo scoutismo può essere ancora molto importante.
Sul piano prettamente educativo – hanno spiegato Francesca Nasi e Giuseppe Pighi, neoeletti Responsabili della Zona di Modena – il punto da privilegiare è quello dell’essenzialità, da intendersi non come povertà francescana, ma come rapporto maturo e distaccato con le cose. Saper distinguere il necessario dal superfluo, per poi poter usufruire maturamente di entrambi”.
La seconda sfida è data dalla mancanza di strutture di aggregazione giovanile in Appennino ma non solo, basti pensare “che in realtà come Massa Finalese, tanto per fare un esempio – ha proseguito Pighi – possiamo dire di essere l’unica realtà esclusivamente rivolta ai giovani. Sicuramente, data l’apertura costante di 1-2 nuovi Gruppi ogni anno fuori dalla città, diverrà importante una più stretta partnership anche con le Istituzioni, dalla Provincia ai Comuni”.
L’ultima sfida è sicuramente data dal crescere dell’immigrazione, e quindi delle diversità culturali e religiose, la tolleranza, l’incontro col prossimo; sfida che, se per il Cngei è sempre stata il cavallo di battaglia, data la scelta multiculturale e multireligiosa dell’Associazione, è ormai al centro delle riflessioni anche per la cattolica Agesci.